Il “Giro d’Italia” è iniziato da pochi giorni e, quella di ieri, doveva essere una nuova tappa molto tranquilla, ideale per i velocisti invece si è trasformata in tragedia. Il ciclista belga Wouter Weylandt è stato purtroppo vittima di una caduta a 25 km dalla conclusione della terza tappa Reggio Emilia-Rapallo, caduta che ne ha provocato la morte.

Weylandt è il quarto ciclista deceduto sulle strade del Giro d’Italia. Nel 1952 Orfeo Ponsin è morto cadendo lungo la discesa della Merluzza durante la quarta frazione Siena-Roma, nel 1976 una caduta nel corso della prima tappa, ad Acireale (Sicilia), è costata la vita allo spagnolo Juan Manuel Santisteban, nel 1986 Emilio Ravasio, coinvolto in una caduta di gruppo nella prima tappa in Sicilia, si rialzò arrivando al traguardo ma morì dopo due settimane di coma.

Il Presidente della FICTS Prof. Franco Ascani ha rilasciato un’intervista al Dott. Massimo Lavena (Segretario generale della FICTS) per l’Agenzia SIR della Conferenza Episcopale Italiana ricordando la triste giornata di ieri.

Davanti alla morte di Wouter Weylandt nella tappa di ieri del Giro il primo sentimento che nasce è quello di fermarsi – spiega al SIR Franco Ascani, Presidente della Fédération Internationale Cinéma Télévision Sportifs (FICTS) – ma subito lascia il passo alla conferma che lo sport davanti ai drammi riesce ad offrire un motivo di speranza in più”. Per il Prof. Ascani, Membro della Commissione “Cultura ed Educazione Olimpica” del Comitato Internazionale Olimpico, “la morte di Weylandt lascia aperta la porta alla vita: il dolore accompagna i valori sportivi, ne esalta il senso di lealtà, di rispetto della fatica, di rispetto per lo sconfitto”. E quale sconfitta maggiore se non la morte di un giovane, amato da tutta la carovana del Giro, e prossimo padre?”.

Eppure secondo il Prof. Ascani “quel corpo riverso, senza vita, resterà sì una macchia indelebile sulla gioia dei futuri trionfi nelle prossime tappe, ma l’allegria, la spontaneità, il ricordo che Weylandt lascia è quello di una uomo capace di fare di sé e della sua professionalità una testimonianza di rispetto e di sportività come da tempo non se ne vedevano”. Il Presidente della FICTS osserva anche come “alto è stato il senso etico del servizio offerto da RAISport, che non ha riproposto le drammatiche immagini del corpo straziato del corridore belga, non limitando la cronaca, ma ammantandola di pudore e lacrime vere dei giornalisti al seguito del Giro”.

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